sabato 19 settembre 2015

DEMURO:AUTONOMIA SARDA,UN MANUALE DI MANUTENZIONE (19/09/2015)

Di Celestino Tabasso.

Nella giunta ad alto tasso accademico assemblata dall'economista Francesco Pigliaru, al costituzionalista Gianmario Demuro sono andate le deleghe ad Affari generali, Personale e Riforme. Gli affari generali, si sa, sono generali. Il suo assessorato, dice il professore quasi con malinconia, per quasi tutti è quello del personale. Che poi è una delega di cui vedrebbe di buon occhio la scomparsa: non per cattiveria, ma «perché sono convinto che il personale vada gestito con logiche di tipo manageriale, più che con strumenti di tipo pubblico». Restano le riforme, e non è cosa di poco conto. Perché Demuro, in attesa che la straordinaria amministrazione consenta al presidente e alla giunta di ragionare sui massimi sistemi, lavora all'architettura istituzionale della Regione. Qualcuno lo troverà un tema astratto, eppure fra la Specialità che periodicamente traballa sotto le dichiarazioni ostili delle Regioni standard e una legge elettorale che ha dato pessima prova di sé, il dossier in realtà è di quelli urgenti. Solo che nel frattempo riforme ce sono già state tante, dalla Sanità a quella che prende faticosamente forma sugli enti locali. 

Ai tempi di Gorbaciov in Russia si diceva: “Non faremo molta strada, se a ogni metro c'è una svolta”. 

«Le riforme si fanno per aumentare la qualità istituzionale, e la qualità istituzionale serve a migliorare l'efficacia della spesa pubblica e la capacità di rispondere ai problemi concreti. Se sono in barca e devo raggiungere un punto dovrò tenere conto della distanza, della velocità e di altri fattori. Un tempo si faceva con strumenti che oggi sono sorpassati, ora si usa il Gps. Ecco, oggi noi lavoriamo per dotarci del Gps». 

Dove ci deve portare? 

«A un'organizzazione amministrativa che non sia più articolata in silos compatti, chiusi, senza finestre, senza possibilità di dialogo». 

Silos? 

«Sì: i silos servono per conservare le granaglie, o comunque cose che non devono vedere la luce. Invece le amministrazioni che hanno il più alto tasso di innovazione sono quelle che dialogano, lo si è dimostrato a New York e in tante altre realtà. Il primo problema è aprire i silos e fare sì che ci sia una interconnessione fra le realtà dell'amministrazione. Il secondo punto è lavorare per un obiettivo e quindi trovare tutti gli strumenti incentivanti, dalla valutazione dell'attività dei singoli dipendenti fino ad arrivare ai dirigenti. Insomma, mi interessa che si lavori avendo come obiettivo il diritto alla salute, non il procedimento per arrivare al diritto alla salute ». 

Un esempio di silos? 

«Pensi all'assessorato ai Lavori Pubblici e a quello dei Trasporti: i Lavori Pubblici devono 7 occuparsi di infrastrutture fondamentali per i trasporti, però…». 

Non dialogano? 

«È la struttura amministrativa che è costruita per non dialogare, le competenze sono assolutamente parcellizzate. Oppure prendiamo l'assessorato all'Agricoltura: ha competenze in materia di forestazione, ma l'Ente Foreste è in capo all'Ambiente. Noi dobbiamo costruire una qualità istituzionale capace di produrre quel che ha prodotto la Puglia in questi anni». 

Che cosa ha fatto la Puglia di così esemplare? 

«Ha lavorato su semplificazione e valutazione, ha investito in cultura ed è diventata brava a spendere e rendicontare i fondi europei, che poi sono l'unico strumento di manovra del bilancio pubblico». 

Non male. 

«Direi. E infatti la Puglia - come la Lombardia, il Friuli e l'Emilia Romagna - è fra i punti di riferimento che ho presenti nel disegno di legge che spero di portare presto in giunta». 

La Toscana no: vuole levarci la specialità. 

«La specialità è un valore costituzionale, anzi è uno dei valori pre-costituzionali sui quali si fonda la Costituzione: sbaglia chi crede che vada coniugata con un privilegio economico, anziché rappresentare una diversità culturale, linguistica, direi identitaria se non fosse che dalla guerra dei Balcani la parola “identità” mi spaventa un po'. Ma comunque usiamola in senso positivo, gioioso, a patto di saper esercitare l'autocritica e non usare la specialità per dire “quel che succede altrove non mi interessa”: proprio perché sono speciale devo guardare a ciò che di buono c'è altrove. Insomma, la specialità non dev'essere separazione». 

Servitù militari come da nessun'altra parte, una continuità territoriale discutibile: viene da dire che potrebbero anche tenersela, la specialità. 

«In primo luogo, non è detto che quel che sta scritto in Costituzione accada in cinque minuti: anche la più bella delle costituzioni ha bisogno di politica. E la politica serve ad affrontare temi specifici come la continuità territoriale, che è un diritto tipico della specialità. Guardi, la specialità è il modo di rappresentare un problema nel modo più diretto, il presidente della Regione deve poter discutere il tema della bilateralità. E Pigliaru lo ha fatto, anche col documento sull'insularità consegnato a Renzi in maggio. Sulle servitù militari, giusto per capirci, le dico che da neolaureato fui tra quelli che proposero un referendum contro la base di La Maddalena. La Corte Costituzionale lo bocciò dicendo che un trattato internazionale non poteva essere messo in discussione, nemmeno da un referendum consultivo. E sottolineo consultivo». 

E quindi che facciamo? 

«E quindi usiamo gli strumenti che abbiamo. Per esempio possiamo dire allo Stato: “Rilevateci dal fronte, abbiamo già dato”. È Emilio Lussu, “Un anno sull'Altipiano”». Lei lavora anche a una riduzione degli assessorati. «Direi una razionalizzazione per renderli più coerenti rispetto agli obiettivi». 

Va bene, ma non pensa che sta affilando la mannaia che potrebbe tagliar via per 8 primo proprio lei? 

«Ci è stato dato un compito, e il compito è più importante dei destini individuali». 

Suona quasi sovietica, come disciplina. 

«È quel che penso. E poi tenga conto che comunque non è una decisione che spetta a me».

(Da "L'Unione Sarda")

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